I finalisti selezionati dalla Giuria letteraria per l’edizione 2010
27 Aprile 2010Benedetta Tobagi vincitrice dell’Edizione 2010
21 Luglio 2010Presentazioni delle opere finaliste al premio 2010
Calendario delle presentazioni delle opere finaliste al premio che si terranno c/o presso la Sala Gran Guardia (Porta a Mare) di Portoferraio alle ore 18:00. Ingresso libero:
Venerdì 25 Giugno
Come mi batte forte il tuo cuore di Benedetta Tobagi (Editore Einaudi)
Venerdì 2 luglio
Gottland di Marius Szczygiel (Editore Nottetempo)
Giovedì 8 Luglio
Acciaio di Silvia Avallone (Editore Rizzoli)
Notizie sugli autori e sull’opera:
Benedetta Tobagi è nata a Milano nel 1977. Laureata in filosofia ha lavorato nella produzione audiovisiva, collabora con giornali e case editrici e si dedicata a studi storici. Sviluppa iniziative culturali e progetti didattici insieme a centri di documentazione e associazioni per la memoria del terrorismo. Walter Tobagi è morto il 28 maggio 1980, gli hanno sparato alcuni membri di una semisconosciuta formazione terroristica di sinistra, la «Brigata 28 marzo». Tobagi era un giornalista del «Corriere della Sera», era uno storico e il presidente del sindacato dei giornalisti lombardi. Quando è morto aveva trentatre anni, il figlio Luca sette, Benedetta tre. Si può dire che Benedetta non ha conosciuto il padre, di lui conserva solo alcuni fotogrammi di ricordo e una grande incolmabile mancanza. Una volta cresciuta ha deciso di andare alla scoperta di questo padre immensamente amato, e ha provato a raccogliere ogni sua traccia. |
Marius Szczygiel, nato nel 1966, è uno scrittore e giornalista polacco pluripremiato per i suoi reportage in particolare per quelli sulla storia e gli abitanti dell’ex Cecoslovacchia. I suoi testi, tra cronaca e racconto di finzione, hanno conquistato una risonanza internazionale. Con un talento narrativo che possiedono solo i grandi reporter come Kapuscinski o Terzani, capaci di raccontare la realtà con il fascino della finzione, lo scrittore polacco Mariusz Szczygiel esplora la storia cecoslovacca novecentesca e le sue zone d’ombra attraverso personaggi “secondari”. Scopriamo cosí come l’irresistibile ascesa dell’impero economico delle scarpe Bata sia partita dall’intraprendenza di un calzolaio di Zlín. O quali siano la vicenda tragicomica e i retroscena della costruzione e distruzione della piú grande statua di Stalin al mondo; o la storia dell’attrice Lída Baarová, che prese il tè con Hitler e fece innamorare Goebbels; o, ancora, l’intervista di Milena Jesenská (il grande amore di Kafka) a un contadino filosofo. E poi, che avrà pensato il vignettista che alla fine del 1968 augurò ai lettori “un felice Natale 1989”? E che cos’è Gottland, la Terra di Karel Gott, il “Presley e Pavarotti ceco”? Indimenticabile, poi, la figura di Vera, nipote di Kafka, che oppone la sua caparbia riservatezza all’assedio del mito kafkiano. Il testo è accompagnato dalle bellissime immagini del fotografo ceco Pavel Stecha. |
Silvia Avallone è nata a Biella nel 1984 e vive a Bologna, dove si è laureata in filosofia. Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d’uscita. Poi un giorno arriva l’amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l’amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male. Attraverso gli occhi di due ragazzine che diventano grandi, Silvia Avallone ci racconta un’Italia in cerca d’identità e di voce, apre uno squarcio su un’inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più. E lo fa con un romanzo potente, che sorprende e non si dimentica. |