“L’impostore”, vince Premio Elba
12 Luglio 2016“L’impostore”, vince Premio Elba
12 Luglio 2016Allo scrittore spagnolo è andato il consenso della Giuria letteraria presieduta dal Prof. Alberto Brandani e della Giuria popolare
12 luglio 2016 – Comitato Promotore
E’ Javier Cercas, con il suo ‘L’Impostore’ (Guanda), il vincitore della 44esima edizione del Premio Letterario Internazionale Isola d’Elba – Raffaello Brignetti 2016. Allo scrittore spagnolo è andato il consenso della Giuria letteraria presieduta dal professor Alberto Brandani e della quale faceva parte, tra gli altri, il direttore del Salone Internazionale del Libro di Torino, Ernesto Ferrero, alla quale si sono uniti i voti dei 45 giudici popolari. “L’impostore –si legge nella motivazione del premio– è il romanzo che Javier Cercas, uno dei grandi scrittori europei dei nostri anni, ha cercato a lungo di non scrivere, pur subendo l’attrazione di quella storia vera e disturbante con cui non voleva fare i conti”.
Di seguito la motivazione integrale:
L’impostore è il romanzo che Javier Cercas, uno dei grandi scrittori europei dei nostri anni, ha cercato a lungo di non scrivere, pur subendo l’attrazione di quella storia vera e disturbante con cui non voleva fare i conti. E’ quella di Enric Marco, un catalano che per trent’anni si spaccia per quello che non è: un sopravvissuto al Lager di Flossenbürg, un testimone che si batte per tener viva la memoria dell’Olocausto, sino a diventare presidente dell’associazione deportati, che tiene conferenze e va a parlare nelle scuole.
L’intero Paese, commosso, lo onora con ogni genere di riconoscimenti, fino a quando nel 2005 uno storico lo smaschera, nell’imbarazzo generale. Convinto che compito della letteratura sia proprio quello di misurarsi con l’incomprensibile, di scandagliare il Male per cercare di evitare che si ripeta, così come hanno fatto Shakespeare con il suo Riccardo III o Dostoevskij con lo studente assassino Raskolnikov, Cercas crede di trovare in Marco una sorta di specchio. Anche lo scrittore spaccia favole e menzogne, sia pure per arrivare alla verità e con il t acito permesso che il lettore gli accorda. Non c’è uomo che si accontenti della propria identità, e non cerchi di offrirne una migliore. Simulazione e impostura sembrano inscritti nel DNA degli umani.
Esuberante, travolgente, Marco è il funambolo della bugia, il Maradona della menzogna, una rockstar della memoria. Racconta quello che il pubblico vuol sentirsi raccontare. Sempre disponibile, non ha le fragilità del sopravvissuto. Dunque è un personaggio prepotentemente romanzesco, ma Cercas nella sua appassionante indagine va ben al di là delle ragioni che possono spiegare le sue simulazioni: non vuole né condannare né assolvere. Vuole capire. Le domande cui cerca di rispondere sono molte e delicate: i complessi rapporti tra verità e menzogna, in letteratura e nella vita; il bisogno di essere amati e ammirati a prescindere; la nostra relativa ignoranza del passato recente e del nazismo in particolare; il prestigio che assumono automaticamente le vittime e i testimoni, anche se non basta essere una vittima per essere un eroe; la trasformazione di memorie tragiche in una retorica sentimentale, ipocrita e a buon mercato, per cui basta un po’ di generico buonismo per sentirsi dalla parte giusta della storia. Così sotto la lente di Cercas finisce non soltanto l’abile mitomane, ma il nostro tempo per intero: l’età degli imbroglioni, del tutto sprovvisto di filtri critici e di consapevolezza storica, portato a semplificare, esposto a mistificazioni che vengono ingigantite dalle tecnologie digitali e dai social network. L’intelligente romanzo di Javier Cercas è un nuovo capitolo della sua ricerca sui misteri della natura umana che parla esattamente di noi.