Motivazione per il libro Tasmania di Paolo Giordano (Einaudi)
10 Settembre 2023Motivazione per il libro Verità di famiglia di Sebastiano Mondadori (La Nave di Teseo)
10 Settembre 2023Motivazione per il libro L’amore da vecchia diVivian Lamarque (Mondadori)
Scrivere della vecchiaia al modo di Vivian Lamarque pare un ossimoro. Molti lo fanno, superata una certa età, ma con ben altro tono, come prendendo su di sé il peso di un dolore o di un dubbio radicale. Lei no; e fin dal titolo, L’amore da vecchia, sa scuotersi di dosso con leggerezza ironica (leggerezza che è frutto di elaborazione, quella di chi ha molto riflettuto sul senso del limite, della provvisorietà, in altre parole del tempo) il peso di quello che un poeta come Gottfried Benn chiamava lo “stile tardo”. Lei esplora l’amore, nel suo senso più ampio, anche l’amore rifiutato, come quel filo che lega autobiografia, lirismo, esperienze, letture, film, insomma lo “stare nel mondo”; e lo fa col collante della poesia.
In questo libro ci sono tante matite, matite per scrivere appunti o versi, per dedicarsi alla amata stenografia, per ricordare soprattutto di “tenere sempre appuntita/ la rima vita-matita”; ci sono treni che viaggiano in una sorta di intercapedine al limite del metafisico tra l’arrivare e il partire, e se il pensiero della fine è ineliminabile, ecco che la poesia (la matita, che in questo libro funziona davvero come correlativo oggettivo, ovvero, secondo la classica definizione che ne diede T. S. Eliot, l’oggetto che fa da perno alle emozioni) parla della quieta consapevolezza o delle felicità dell’esserci, magari l’idea di portarsi dietro, un giorno, tutto quanto di bello e di giusto è stato vissuto, magari le fotografie d’un tempo con un ricordo d’infanzia tale che “anche nell’aldilà me lo porterò/ il mare con le sedie del Lido e anche/tutto il treno regionale…” col quale il sabato arrivava la mamma.
Vivian Lamarque è poeta di grande sapienza stilistica, i suoi testi in apparenza semplici dal punto di vista linguistico sono il risultato di un lavoro che riduce, leviga, quasi azzera, ottenendo il miracolo di rime spiazzanti, di sintassi segrete, di ritmi che si affermano quasi inavvertiti, di giochi a rimpiattino (con lettori, destinatari e anche con se stessa) dove ogni verso, senza parere, ne convoca altri, sorprendendoci di volta in volta nella sua ragnatela. Parla con tutti noi e quanti permangono nella nuvola in cui fluttua chi non c’è più. Parla con i poeti amati (sono evidenti gli echi di un Caproni o di un Penna, o di una Saba, ma anche forse, in quella nuda matita, un riferimento non tematico ma di ideale rovesciamento alle Poesie scritte col lapis di Marino Moretti) e un poco gioca con loro. Un esempio fra i tanti è Nel giardino di Emily D. (Dickinson, ovviamente), dove raccoglie una zolla erbosa sulla tomba della poetessa e, arrivata in Italia, proprio lei che sa “resuscitare” fiori e piantine morenti ci sussurra che sì, “le feci un fotografia/e poi le lessi una poesia”. Che altro? Anche questo non è che un segreto sorridente, elegiaco; un segreto d’amore.